4. Le altre domus trovate da Edoardo Brizio

4. Le altre domus trovate da Edoardo Brizio

 

Area urbana, quadrante nord-orientale

Scavi Edoardo Brizio 1890-92

Edoardo Brizio, quale Regio commissario degli scavi di antichità (l’analogo del nostro Soprintendente), realizzò la prima importante campagna di esplorazione del sito archeologico di Claterna, allora già noto ma ancora privo di studi di livello scientifico. Fu scelta un’ampia zona a nord della via Emilia, dove precedenti scoperte avvenute casualmente facevano prevedere una buona riuscita delle ricerche; gli scavi, le relazioni e gli eccellenti disegni realizzati dai collaboratori di Edoardo Brizio hanno tutt’oggi un’enorme importanza documentale.

Furono individuati lo spiazzo del foro e numerosi resti di muri e pavimenti, alcuni dei quali interpretabili come parti di edifici pubblici, altri come complessi residenziali a carattere privato.

Di tali domus, poi ricoperte e non attualmente visibili, la documentazione dell’epoca restituisce alcune delle strutture murarie e delle pavimentazioni, senza che sia però possibile definire la pianta completa o l’evoluzione nel corso dei secoli se non avanzando ipotesi di lavoro destinate ad essere verificate con nuove campagne di scavo; fra le varie problematiche lasciate aperte, rimane anche l’impossibilità di localizzare con precisione nelle carte topografiche attuali le planimetrie delle indagini effettuate nell’Ottocento.

Ciononostante, alcuni dati possono essere utilizzati anche oggi per lo studio scientifico della città.

Tra questi la presenza di domus dotate di atria con impluvia (= vasche per la raccolta dell’acqua piovana), frutto di una modalità costruttiva direttamente importata da Roma e dall’Italia centrale che evidentemente fu un punto di riferimento anche per le famiglie altolocate di Claterna.

L’atrium era tra gli ambienti più importanti della domus: dava l’accesso all’edificio, organizzava una serie di stanze che vi si affacciavano ed era dotato di un’apertura nel tetto (= compluvium) dalla quale entravano luce naturale, ma anche acqua piovana, poi raccolta nell’impluvium collocato nel pavimento.

Oltre agli atria, gli scavi ottocenteschi portarono all’individuazione di una serie di pavimentazioni di alto livello decorativo. Tra queste si ricorda un pavimento in ‘cocciopesto’ (battuto cementizio a base fittile), riccamente decorato con inserti di scaglie marmoree policrome e con fasce a mosaico a tessere bianche e nere, tra cui un riquadro decorato a scacchiera di triangoli e rosetta centrale, probabilmente appartenente alla medesima domus dotata di impluvium in marmo. Interpretabile come triclinium (= sala per banchetti e ricevimenti), affacciava probabilmente su un hortus (=giardino) o un peristylium (= giardino porticato), nel quale furono trovati i frammenti di una statuetta in terracotta raffigurante un Amorino alato di pregevole fattura.

La statuetta, conservata per molti anni al Museo Civico Archeologico di Bologna, è ora esposta nel Museo della città romana di Claterna.