Area urbana, porzione centro-meridionale, in prossimità del cardine massimo
Scavi Guido Achille Mansuelli 1959, Scavi M. Bollini 1961, Scavi SABAP-BO 2006 e 2008-09
Una parte del complesso della domus fu scoperta già tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento da Guido Achille Mansuelli e Maria Bollini; più recentemente, tra il 2006 e il 2009, la riapertura degli scavi ha portato alla musealizzazione della medesima (2010).
L’edificio ha avuto almeno due fasi di vita; nel I secolo a.C. gli ambienti portavano pavimenti in ‘cocciopesto’ (o battuto cementizio a base fittile) decorati con tessere bianche. Uno dei vani, oggi non visibile, aveva il cocciopesto decorato al centro da una rosetta attorniata da kantharoi (coppe per bere vino che alludevano a Dioniso, e dunque al convivio); si ipotizza, quindi, che avesse la funzione di triclinium (= sala per banchetti e ricevimenti). Gli altri ambienti pavimentati in ‘cocciopesto’, e attualmente visibili, recano motivi geometrici (a meandro, a reticolo) che trovano numerosi confronti in Italia tra II e I secolo a.C.
Nella fase successiva (I secolo d.C.) in alcuni vani i pavimenti vennero rifatti a mosaico geometrico bianco e nero (‘tessellati’); il meglio conservato è formato da due tappeti, uno a fondo nero con decorazioni puntiformi in bianco e uno con quadrati e rombi inscritti, entrambi motivi riferibili a un gusto diffuso soprattutto in Italia settentrionale.
In un momento non precisabile il triclinium venne trasformato in un vano riscaldato, come documentato dalla presenza delle suspensurae (colonnine in mattoni) che sorreggevano una pavimentazione rialzata in modo da creare un’intercapedine in cui poteva circolare aria riscaldata.
Le stanze scavate affacciavano su un peristylium (= giardino interno porticato), mentre il resto dell’edificio, ancora da indagare, sembra svilupparsi principalmente verso nord, in direzione della via Emilia, dove dovevano trovarsi altri ambienti, forse disposti attorno ad un ‘atrio’; È questo lo schema più tipico delle domus romane (dette appunto ‘ad atrio e peristilio’), a Claterna frutto di una moda importata dall’Italia centrale.
La domus venne costruita obliterando edifici più antichi, realizzati in legno e databili probabilmente al II secolo a.C.; il suo abbandono va invece collocato nel IV secolo d.C.